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Le icone russe delle Gallerie degli Uffizi

L’arte religiosa della Grande Madre Russia da domani trova un posto nel cuore di Firenze, nella reggia di Palazzo Pitti, dove sarà esposta in maniera permanente a partire dal 2 gennaio. La collezione di 78 icone russe, raccolta a Firenze già dai Medici e soprattutto dai Lorena nel corso del Settecento, la più antica del genere al mondo al di fuori della Russia stessa, verrà infatti per la prima volta esposta in un nuovo allestimento. Si tratta di quattro grandi sale con affreschi seicenteschi affacciate sul cortile al piano terra di Palazzo Pitti: appena restaurati, questi spazi entrano ora a far parte del normale percorso di visita della reggia.

L’allestimento del museo (progettato da Mauro Linari insieme a Paola Scortichini e Pietro Petullà, con l’illuminotecnica a cura dello stesso Linari e Claudia Gerola, e con la curatela storico-artistica di Daniela Parenti) è improntato alla leggerezza e alla trasparenza e privilegia la facilità di lettura delle icone, (dotate di didascalie descrittive in italiano, inglese e cirillico), lasciando intatta la vista degli affreschi del ‘600 che ornano le pareti e i soffitti. Sarà una novità nella novità: prima d’ora, infatti, questi ambienti della Reggia medicea, appositamente restaurati non sono mai stati regolarmente aperti al pubblico. Anche la suggestiva, elegantissima Cappella Palatina, con gli affreschi ottocenteschi di Luigi Ademollo, ora interamente restaurataverrà riaperta e sarà visitabile tutti i giorni.

Inoltre, sul sito delle Gallerie degli Uffizi (www.uffizi.it/mostre-virtuali), è visitabile la mostra virtuale a cura di Daniela Parenti, curatrice della pittura Medievale e del Quattrocento, e delle Icone russe degli Uffizi, La Luce del Sacro: Icone russe a Palazzo Pitti ,interamente dedicata ai tesori di questo nuovo museo.

In occasione dell’apertura del Museo delle Icone russe, sul sito web degli Uffizi (www.uffizi.it/video-storie) viene anche pubblicato il primo video in lingua russa (con sottotitoli). Si tratta di un’introduzione alla storica raccolta di Palazzo Pitti da parte di Zelfira Tregulova, direttrice della Galleria Tret’yakovskaja di Mosca, il museo con la più grande e importante collezione di icone russe al mondo.

LA COLLEZIONE


Le icone russe delle Gallerie degli Uffizi furono tutte eseguite fra il tardo Cinquecento e la metà del Settecento
. Gli esemplari più antichi appartennero ai granduchi della casata dei Medici e vengono già menzionati intorno alla metà del ‘600 negli inventari degli arredi della Cappella delle Reliquie di Palazzo Pitti.  Il gruppo più numeroso arriva invece a Firenze durante il regno di Francesco Stefano di Lorena (1737-1765). Nel suo insieme, questa collezione di icone russe – documentata a Palazzo Pitti nel 1761 – è la più antica conservata al di fuori dei territori dell’antica Rus’, entità coincidente più o meno con i territori della Russia occidentale, l’Ucraina e la Bielorussia. Gli esemplari più antichi della raccolta, eseguiti fra XVI e XVII secolo, sono riconducibili a pittori che lavoravano per la corte degli zar nel Palazzo dell’Armeria del Cremlino a Mosca, principale centro di riferimento per l’arte e la produzione di questo tipo di opere prima della fondazione della nuova capitale San Pietroburgo. Anche molte delle icone dei primi decenni del Settecento si si ispirano a modelli della scuola moscovita, ma furono verosimilmente realizzate in botteghe provinciali della Russia centrale. Si tratta per lo più icone di medie e piccole dimensioni, destinate alla devozione domestica e personale. Ve ne sono anche alcune la cui esecuzione è probabilmente dovuta a maestri attivi a Kostroma e Jaroslavl, antiche città sul fiume Volga a nord di Mosca. Per pochi anni, alla fine del Settecento, l’intera raccolta fu esposta nella Galleria degli Uffizi come testimonianza della pittura bizantina, nell’ambito della riscoperta delle antichità cristiane. Nel 1796 molti esemplari furono tuttavia rimossi dal percorso espositivo e relegati in gran parte nella villa medicea di Castello, dove sono rimasti fino all’inizio del XX secolo. In anni più recenti, vari tentativi sono stati fatti di reinserire la raccolta nei percorsi museali cittadini, prima a palazzo Pitti, poi alla Galleria dell’Accademia, ma non erano mai andati a buon fine.

da arte.it

http://www.uffizi.it

 

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Mezz’ora d’arte: intorno a Benozzo Gozzoli e la Cappella dei Magi

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In occasione della mostra “Benozzo Gozzoli e la Cappella dei Magi”, dedicata al maestro del Rinascimento e ospitata sino a marzo in Palazzo Medici Riccardi, che custodisce al suo interno la meravigliosa Cappella dei Magi, tornano gli appuntamenti digitali firmati MUS.E alla scoperta dell’arte e della storia fiorentine.

Fra gennaio e febbraio infatti, grazie alla Città Metropolitana di Firenze e a MUS.E, si terrà la rassegna “Mezz’ora d’arte. Intorno a Benozzo Gozzoli e la Cappella dei Magi”, un ciclo di quattro incontri per approfondire la vita e l’opera dell’artista, grazie alla narrazione d’eccellenza di grandi voci della storia dell’arte, che si terrà online su piattaforma Zoom con cadenza quindicinale, sempre alle ore 18. La durata, come dice il titolo della rassegna, sarà di trenta minuti e la partecipazione è gratuita.

Il primo appuntamento sarà venerdì 14 gennaio con Serena Nocentini e Valentina Zucchi, curatrici dell’esposizione, e si intitolerà “Benozzo, pittore fiorentino”; il  28 gennaio Diane Cole Ahl, fra le più grandi studiose dell’artista, parlerà su “L’esperienza di Benozzo Gozzoli a San Marco con l’Angelico”; l’11 febbraio sarà la volta di Cristina Acidini, profonda conoscitrice degli affreschi gozzoliani  della Cappella dei Magi, che terrà appunto la conferenza “La cappella, con il Viaggio dei Magi di Benozzo Gozzoli”; il 25 febbraio, infine, Laura Llewellyn, esperta della National Gallery di Londra, a cui si deve un prezioso prestito in mostra, parlerà de “La pala d’altare di Benozzo Gozzoli per la Compagnia della Purificazione e di san Zanobi”.

Le stesse esperte sono le autrici di importanti saggi nel catalogo della mostra, edito da Sillabe.

Prenotazioni
Per partecipare occorre scrivere una mail a info@musefirenze.it indicando nome, cognome e giorno scelto. Il servizio è attivo dal lunedì al venerdì 9.30-15.30 e il sabato 9.30-14.30, si prega di attendere conferma via mail dell’avvenuta prenotazione. La partecipazione è gratuita, fino a esaurimento dei posti disponibili. La prenotazione è obbligatoria. Sarà possibile prenotare solo un incontro per volta a partire dal venerdì precedente la data prescelta. Si prega di prenotare solo in caso di effettiva e certa partecipazione alla visita. Qualora sorgessero impedimenti non previsti è necessario disdire entro le 14.00 del giorno stesso della visita, al fine di liberare eventuali disponibilità.

Come partecipare
I prenotati, dopo una prima mail di conferma, riceveranno una seconda mail entro le 17.00 del giorno della visita virtuale con le credenziali per poter accedere a Zoom, da computer, tablet o smartphone. Si può partecipare alle visite scaricando la APP Zoom sul proprio dispositivo e registrandosi gratuitamente. Una volta installata, basterà cliccare sul link ricevuto per partecipare alla visita. In alternativa sarà possibile accedere nella sezione “join a meeting” direttamente dal sito Zoom, inserendo il meeting ID e la password ricevuti.

Il calendario

  • venerdì 14 gennaio h18 – Serena Nocentini e Valentina Zucchi – Benozzo, pittore fiorentino
  • venerdì 28 gennaio h18 – Diane Cole Ahl – L’esperienza di Benozzo Gozzoli a San Marco con l’Angelico
  • venerdì 11 febbraio h18 – Cristina Acidini – La cappella, con il Viaggio dei Magi di Benozzo Gozzoli
  • venerdì 25 febbraio h18 – Laura Llewellyn – La pala d’altare di Benozzo Gozzoli per la Compagnia della Purificazione e di san Zanobi


Informazioni e prenotazioni
Tel. + 39 055 2768224
e.mail: info@musefirenze.it

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Massimiliano Gioni “Il desiderio messo a nudo. Conversazioni con Jeff Koons”

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Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra “Jeff Koons. Shine” dialoga con Massimiliano Gioni, autore del libro Il desiderio messo a nudo. Conversazioni con Jeff Koons (Johan & Levi, 2021).

Il libro di Massimiliano Gioni “Il desiderio messo a nudo. Conversazioni con Jeff Koons” è frutto di numerose conversazioni registrate tra il 2018 e il 2021 e mette a nudo la filosofia di cui si nutre l’arte di Jeff Koons.
Ripercorrendo le sue tappe più importanti, dall’infanzia in Pennsylvania fino alle più recenti commissioni a Parigi e in Qatar, Jeff Koons rivela le sue diverse influenze: dal Surrealismo al Dadaismo, dalla cultura Pop americana alla fascinazione per l’arte rinascimentale italiana.
Mercoledì 12 gennaio alle ore 19.00 Arturo Galansino (direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra) dialogherà con Massimiliano Gioni in una diretta streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube di Palazzo Strozzi.
Scopri di più al link: http://ow.ly/QCOv50HnTcW

https://it-it.facebook.com/palazzostrozzi/

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Museo Nazionale del Bargello

The building often spoken of merely as The Bargello was erected at one of the decisive moments in Florentine history. In 1250 the nobles, who had governed till then, were forced to accept a new constitution which gave more extensive rights to the Guilds as representing the new middle class the rising to power.

The most ancient part of the edifice, the part flanking Via del Proconsul, was finished in 1260 and was a  monumental expression of the pride and the power of the people. The somewhat square block, the severity of which is broken only by somewhat small mullioned windows (the large Gothic window on the side that flanks Via della Vigna Vecchia was due to alterations made in the 14th century), has a big battlemented tower, and still retains the powerful and threatening character which was intended by those who built it.

In 1865 it was transformed into National Museum intended for the reception of sculptures and works of art of various kinds, other than paintings.

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Photo by A day in Florence

 

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Riapertura del giardino di Villa Bardini

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Ieri ha riaperto ai visitatori il giardino di @villabardini , aperto fino alla fine di agosto fino alle ore 21, e che abbiamo avuto l’opportunità di ammirare qualche  pomeriggio fa.

Grazie al contributo della @fondazionecrfirenze al bar della Loggetta sarà offerta la colazione e la merenda ai bambini.

Grazie @villabardini per l’invito! Info su www.villabardini.it
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Basilica di San Lorenzo

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Nel 392-394 Ambrogio, partito da Milano per il contrasto con l’imperatore Eugenio, si recò prima a Bologna, poi a Faenza e, infine, a #Firenze. Probabilmente stava conducendo una lotta per l’affermazione dell’ortodossia in centri urbani ove forte era la presenza del partito ariano. Consacrò la basilica posta poche decine di metri a nord della porta settentrionale della città.

Verso la metà dell’XI secolo la chiesa conobbe importanti rifacimenti e restauri attestati da una bolla emanata dal Papa e vescovo di Firenze Niccolò II (1060). Il Codice Rustici (1447-1452) ci mostra una chiesa a tre navate con porticato sulla facciata e campanile sul lato meridionale. A fine quattrocento la chiesa fu demolita integralmente per la costruzione della nuova basilica di Brunelleschi.

Nel 1966, dopo l’alluvione, fu asportato il pavimento per risanare l’interno della chiesa e furono segnate in una pianta molto schematica le strutture che emergevano, databili tra il II secolo d.C. e il IV secolo d.C. Alcuni dei muri, rilevati in cresta, sembrano circoscrivere un’esedra ed alcuni ambienti che potrebbero essere interpretati in diversi modi.

Nell’indagine del 1978 emerse un angolo esterno del complesso ecclesiastico composto da una muratura di grossi conci squadrati ed impostata su resti di edifici precedenti. Si tratta probabilmente di una parte della chiesa romanica, anche se non è del tutto escluso che si possa trattare della chiesa paleocristiana.

Nuovi scavi archeologici potrebbero gettar luce sulla natura del monticulus Sancti Laurentii, ossia sul micro-rilievo su cui era posta la chiesa romanica e visibile anche nell’analisi delle quote attuali della città; inoltre, le indagini potrebbero datare le strutture rilevate negli anni’60 e scoprire se il rifacimento rinascimentale abbia asportato o meno i depositi medievali e tardoantichi.

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Basilica di San Miniato al Monte

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Il culto cristiano a Firenze ha il suo sviluppo sulla sponda sinistra dell’Arno: sul monte di San Miniato (Mons Florentinus) e sulle sue pendici.

Sulla sommità del colle sorge la basilica di San Miniato al Monte. L’edificio attuale risale al 1018 quando il vescovo Ildebrando decise di ricostruire la vecchia chiesa che si trovava nel luogo dove nel 250 il primo martire fiorentino, Miniato, era stato martirizzato sotto l’imperatore Decio.

I lavori di costruzione e di decorazione della basilica di San Miniato durarono circa due secoli.

Inizialmente si stabilirono i benedettini, poi i cluniacensi e infine gli olivetani. Ildebrando chiese al primo abate da lui stesso insediato, Drogo, di riscrivere il racconto del martirio di Miniato che circolava all’epoca in una versione risalente a svariati secoli prima. Con questa nuova stesura, arricchita di particolari evocativi delle origini cristiane di Firenze per associare più strettamente il santo alla collina dove riposavano le sue spoglie, si voleva accreditare il Monte come luogo di devozione speciale.

La più antica testimonianza storica di una chiesa dedicata a San Miniato risale al 783: un luogo di culto è infatti già appellato col titolo di Basilica in un diploma di Carlo Magno. A quel luogo lo stesso sovrano restò molto legato, tanto che in un documento successivo fece dei lasciti alla chiesa: «Carlo per grazia di Dio re di Franchi e dei Longobardi e patrizio romano, a tutti i nostri fedeli presenti e futuri. […] sappia ciascuno di voi ciò che per amor di Dio e di San Miniato, e in suffragio dell’anima della mia direttissima consorte Ildegarda, diamo in elemosina alla basilica del predetto martire di Cristo, Miniato, posta in Firenze, dove riposa il suo venerabile corpo, e di cui è custode il sacerdote Aderiso: cioè quattro case che appartengono alla nostra città di Firenze, una masseria situata nel territorio cittadino di cui è massaro Fuscolo con i suoi fratelli e la sua famiglia, e tre altre alderizie, […]»

Nel corso dell’XI e del XII secolo San Miniato fu oggetto di diverse donazioni da parte di Vescovi e Imperatori e altre personalità dell’epoca che ne ampliarono considerevolmente il patrimonio fondiario. Prima dell’attuale costruzione religiosa era presente un piccolo oratorio accanto ad una cella eretta probabilmente sulla tomba del Santo dopo il riconoscimento del cristianesimo nel 392 d.C. con l’Editto di Teodosio.

La Basilica si trova fuori dalle mura della città storica ma ha sempre avuto un rapporto fortissimo con Firenze: nel 1530, quando Firenze era sotto l’assedio dalle truppe imperiali di Carlo V, il campanile (realizzato da Baccio d’Agnolo qualche anno prima, in sostituzione del precedente che era crollato) fu usato come torre di guardia per controllare le truppe nemiche accampate nel pian di Ripoli e come punto di artiglieria. Michelangelo, che nel frattempo lavorava alle fortificazioni, di cui restano gli antichi bastioni sulla sinistra della chiesa guardando la facciata, per proteggerlo dalle cannonate nemiche lo fasciò tutto con balle di fieno e materassi.

La chiesa dai leggeri archi a tutto sesto, dai capitelli corinzi e dalla bella facciata in marmo bianco e verde, segnò, con l’annesso monastero, un apice del romanico in Toscana, con i primi accenni a un proto-rinascimento che incoraggiava il recupero di moduli classici, alla base dei futuri sviluppi dell’arte fiorentina.

Il rilievo, seppur di modesta entità (136,7m s.l.m.), è stato interessato per secoli da fenomeni di dissesto idrogeologico, che si sono manifestati prevalentemente in seguito alle modificazioni del versante, a volte anche notevoli, apportate dall’uomo. L’area in passato è stata oggetto di numerosi studi così come testimoniano la consistente documentazione storica esistente ed i numerosi lavori geologici e geomorfologici recenti; la peculiare natura geologica del terreno unita alla forte antropizzazione hanno reso difficile distinguere i dissesti connessi con il cattivo stato delle opere di sostegno, contenimento e drenaggio, da quelli ascrivibili a movimenti del terreno.

Fin dai tempi di Cosimo il Vecchio il monte non era stabile “per acqua che dicono corrervi sotto”, come venne affermato intorno al 1447, quando i frati francescani chiesero a Cosimo de Medici il finanziamento per lavori di ampliamento che non fu loro accordato proprio a causa dei continui smottamenti del terreno verso l’Arno. Fenomeni gravitativi si erano quindi già evidenziati nel corso del XV secolo, ma alla fine di detto secolo si palesarono deformazioni di notevole entità nel complesso di San Salvatore (la chiesa omonima e l’annesso convento di San Francesco). Autori attendibili riportano che soltanto il Convento rovinò e si pensò di ricostruirlo completamente in una posizione più vicina alla chiesa, la quale fu al tempo stesso riparata.

La chiesa di San Miniato riportò danni di poco conto mentre il suo campanile prima si inclinò e poi, nel tentativo di raddrizzarlo, rovinò. Nel 1499 vennero interpellati fra gli altri Leonardo da Vinci, Giuliano da Sangallo e Jacopo del Pollaiolo sulle cause dei dissesti e sul modo di ricostruire il campanile di San Miniato. La commissione indicò come causa dei dissesti la natura geologica del terreno, l’infiltrazione nel terreno delle acque di precipitazione ed i tagli operati alla base del versante per l’attività di una cava di materiale per laterizi. Fra gli interventi proposti fu scelto di rifondare il Convento. La stessa commissione espresse giudizio anche su dove fosse meglio ricostruire il campanile di San Miniato e pochi anni dopo Baccio D’Agnolo cominciò i lavori nello stesso luogo dove era caduto.